23 feb 2015

The Soft Moon – Deeper [Recensione]

È prevista per il prossimo 31 marzo la pubblicazione di Deeper, ultimo lavoro della one man band californiana The Soft Moon, a tre anni di distanza dall'enigmatico Zeros. Per concepire il suo terzo LP in studio, Luis Vasquez ha attraversato l'Atlantico facendo la spola tra Berlino – città così ricca di suggestioni, musicali e non – ed il Veneto, dove ha poi registrato il disco presso l'Hate Studio di Rosà, in provincia di Vicenza.


Nella Luna Morbida convergono diverse anime, quella mitteleuropea della new wave e del krautrock – ecco tornare Berlino – e una più dura, industrial, riconducibile ai Nine Inch Nails ed altra musica d'oltreoceano.

Con Trent Reznor sono molteplici i punti di contatto, a cominciare dal fatto che entrambi siano leader e virtualmente unici membri dei rispettivi progetti musicali, ma anche per via del carattere schivo ed introverso. A questo proposito, vale la pena ricordare l'unico episodio che ne abbia effettivamente intrecciato i destini nella vita reale: qualche anno fa Vasquez remixò il brano Ice Age della nuova band di Reznor, gli How to Destroy Angels, senza mai incontrare fisicamente il collega e ricevendo vivissimi complimenti... Via e-mail!

Al netto degli aneddoti, sono soprattutto gli incubi in musica il vero trait d'union: una vocalità sinistra e malata, ora appena sussurrata ora urlata con ferocia, innestata su beat martellanti per generare atmosfere paranoiche e claustrofobiche – Black e Desertion, ad esempio, potrebbero tranquillamente uscire da The Downward Spiral

Altre suggestioni, come detto, sembrano discendere dalle varie correnti della new wave, dai primi Ultravox! electro-punkeggianti di John Foxx (Far, Feel) a quelli più romantici e decadenti – e senza punto esclamativo – della gestione Midge Ure (Without), fino a lambire i territori oscuri ed enigmatici dei Joy Division (Try e l'allucinata Wasting, solo strumentale).
Le percussioni ossessive ed il canto da tregenda della title track, distorto e riverberato, precipitano invece l'ascoltatore in un clima da sabba infernale, degno dei Goblin di Suspiria.

A chiusura del disco la traccia probabilmente più emblematica, quella Being che mescola tutte le influenze sopracitate. Un subdolo salmodiare reznoriano, la cui tensione progressivamente cresce fino al livello di guardia per poi deflagrare e frantumarsi in tre minuti di noise, puro rumore disturbante e disturbato. 
La Luna torna a mostrare il suo dark side, fine delle trasmissioni: non c'è più nessuno là fuori, solo vuoto angosciante.


Tracklist:

1. Inward
2. Black  
3. Far
4. Wasting
5. Wrong
6. Try
7. Desertion
8. Without
9. Feel
10. Being


Spirited

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