16 feb 2015

Asaf Avidan - Gold shadow [Recensione]

Da qualche settimana è tra noi il nuovo disco solista del cantautore e polistrumentista israeliano Asaf Avidan, la cui popolarità in Italia esplose grazie al (discutibile) remix dance di Reckoning Song – suo pezzo-simbolo, rinominato One Day per l'occasione – ed il successivo live incendiario al Festival di Sanremo, terminato in clamorosa standing ovation con tanto di bis.


Gold Shadow, questo il titolo dell'ultima fatica – la seconda in solitaria, dopo la messa in stand-by del progetto musicale con i The Mojos – che rispetto al precedente Different Pulses, cupo e dolente, mostra un'anima più solare ed una maggiore varietà di umori e stili musicali.

Un disco caleidoscopico, ricco di contrasti e contrapposizioni già a partire dal titolo, in perfetta sintonia con la personalità multiforme del suo autore – nato trentacinque anni fa a Gerusalemme ma con trascorsi infantili in Giamaica, una voce blues dai colori quasi femminili intrappolata in un corpo da adolescente fragile.

Tra le influenze più riconoscibili troviamo sicuramente la black music ed il new soul - certe cadenze sembrano mutuate dall'indimenticata Amy Winehouse (Little Parcels of an Endless Time, A Part of This) –  ma anche il blues del profondo sud statunitense, che marchia a fuoco Ode to my Thalamus e Bang Bang. Un titolo, quest'ultimo, che ricalca il grande classico di Nancy Sinatra, della cui partitura è invece curiosamente debitrice la traccia successiva, The Labyrinth Song

Non manca poi il folk prettamente cantautorale, marchio di fabbrica del nostro, ben esemplificato dalla delicata traccia di chiusura, e neppure il rock classico (inteso nell'accezione più ballabile) di The Jail That Sets You Free
Toni più ironici e distesi emergono nel divertissement These Words You Want to Hear, con tanto di fisarmonichetta dal sapore balcanico, ma l'episodio probabilmente più riuscito resta la title track: ballata pianistica cruda e minimale, reminiscente  delle atmosfere del disco d'esordio, dove la toccante interpretazione vocale si fonde meravigliosamente con le asprezze del testo.

Nel complesso un vero gioiellino, forse non così accessibile a primo impatto per via della sua eterogeneità, ma che conferma una volta di più il talento cristallino di Avidan, cantore universale dell'animo umano. 


Tracklist:

1. Over My Head
2. Ode To My Thalamus
3. The Jail That Sets You Free
4. Little Parcels Of An Endless Time
5. My Tunnels Are Long And Dark These Days
6. Gold Shadow
7. Let’s Just Call It Fate
8. These Words You Want To Hear
9. A Part Of This
10. Bang Bang
11. The Labyrinth Song
12. Fair Haired Traveller 


{Spirited}

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